Il Messaggero
Arte impetuosa, sognante, appassionata, travalica gli schemi l’arte di Cinthia Pinotti. Esistenziali e professionali. Giacchè Pinotti è insegnante giurista e la personale Il colore del sé (al Vittoriano fino al 28 Gennaio, catalogo Gangemi) a cura di Claudio Strinati è la prima apparizione pubblica di un talento finora racchiuso in una sorta di diario (per fortuna, non più) privato. Ma anche di espressivi, sul confine di un’intensa profondità concettuale e di un informale animato della vorticosa alleanza di colore e materia.
Strinati sottolinea il “senso di fugacità” delle opere scandite da segni velocissimi che si depositano sulla tela come attimi fuggenti per raccontare (parole, queste, dell’artista) “momenti di gioia, armonia come di dolori, sofferenze, interrogativi senza risposta“. Emozioni e ricerca di verità connotano drammaticamente l’intento narrativo di Pinotti in dipinti ora tumultuosi (Turbine 2008, Etna del 2014) ora soavi (Alba del 2009, Ninfee del 2011) o gioiosi (Arlecchino, 2009).
E Tricolore (2011) mostra sul verde bianco rosso della bandiera i segni del tempo. Non a caso. Dice l’artista “Le tele non sono altro da me, per questo non sono mai finite“.
Massimo di Forti